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Massimo Giletti attacca Vittorio Feltri: ”Stai sbagliando”

Caro Vittorio, c’è un detto di un grande drammaturgo greco, Sofocle, che dice: «Non si può conoscere veramente la natura e il carattere di un uomo, fino a che non lo si vede amministrare il potere». La storia è piena di soprusi fatti in nome del potere, ma quando questi sono commessi contro le donne, diventano per me ancora più odiosi e intollerabili. Non ho mai negato che vedere giovani donne, aspiranti magistrati, sottoscrivere contratti umilianti pur di ottenere una borsa di studio, fosse qualcosa di deludente e triste.

L’ho detto e ridetto mille volte. Ma il punto che fai fatica a riconoscere è che a dettare le condizioni di questi contratti, folli e umilianti, era un giudice del Consiglio di Stato, non un personaggio del sottobosco del mondo dello spettacolo descritto nel film di Paolo Sorrentino La grande bellezza. È questo il lato più inquietante della vicenda. Tu continui a puntare il dito contro queste ragazze, contro queste giovani donne, dimenticando che il vero dominus era ed è lui, Bellomo. Tu fai un elenco di Sms, di messaggi d’amore che alcune allieve si scambiavano con il giudice e te ne stupisci. In realtà, però, ti dimentichi che l’esistenza di una precedente relazione è il presupposto necessario del reato di maltrattamento e di stalking.

Il problema sorge dopo, quando la relazione si rompe o entra in crisi. In quel momento Bellomo diventa, non solo per me, ma anche per le procure di Bari e di Piacenza l’uomo dei maltrattamenti. Per questo gli Sms scambiati durante il periodo di ipotetico idillio sono irrilevanti, non contano nulla. Sono gli Sms che tu non riporti che vanno contestati, gli Sms che appartengono al periodo del conflitto. Te ne leggo qualcuno: «Metti la faccia nel cesso». «Puttana». «Fai schifo». «Sei un mostro». «Sei scientificamente una prostituta». «Al concorso del Tar non accederai neppure ». «Ringrazia se non ti buttano fuori dalla magistratura ordinaria». «Ti sei rovinata vita e carriera. Esegui ciò che ho detto e trovati un buon avvocato per il procedimento disciplinare». Oppure altri, tipo questo: «Quando entrerò nella stanza, ti metterai in ginocchio e mi dirai, ti chiedo perdono, non lo farò mai più».

Perché non li hai citati? Forse perché rappresentano l’esatta fotografia di un rapporto malato che diventa ossessivo, tipico del maschio che perde il possesso della donna, vista come proprietà privata, come oggetto di cui disporre in qualsiasi momento? Sbaglio di molto se penso che in relazione alle privazioni di ogni tipo poste in essere nei confronti delle allieve dei corsi di diritto di Bellomo, l’obiettivo era trasformare l’andamento accademico in opportunità di incontro e selezione delle potenziali vittime? Aspetto le decisioni dei giudici, perché io sono, come te, garantista. Sono garantista, ma sono convinto che chi esercita il ruolo di giudice non possa prescindere dal rispetto della morale.

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