Luca Zingaretti si confessa sul futuro dell’amatissimo commissario Montalbano

Luca Zingaretti torna in tv nei panni del Commissario Montalbano e noi lo abbiamo incontrato presso la sede Rai di Viale Mazzini. L’attore presta ormai il volto al personaggio più noto della letteratura italiana contemporanea dal 1999, quando Carlo Degli Esposti e la Palomar decisero di scommettere su un interprete bravo ma poco noto per un progetto che sarebbe diventato il manifesto della qualità per la fiction Rai nel mondo.

Questa volta, però, è tutto diverso, dato che sono venuti a mancare i due papà del Commissario più amato del piccolo schermo: il primo è Andrea Camilleri che la storia del Commissario Montalbano l’ha immaginata e scritta in modo magistrale, il secondo è Alberto Sironi, che con una capacità altrettanto valida di visione è riuscito a trasporlo sullo schermo, dando immagine alle parole del romanziere siciliano. Luca Zingaretti ha messo dunque il cuore nel presentare il loro lavoro in questi tre film, uno dei quali andrà in onda il prossimo anno.

Non sappiamo ancora se sarà 1’ ultimo atto per il Commissario Montalbano, ma sicuramente è quello più sentito dopo queste due gravi perdite, a cui si aggiunge quella dello scenografo Luciano Ricceri. Nella nostra chiacchierata ci ha anche parlato dell’ipotesi ventilata dal direttore di Rai uno Stefano Coletta di vederlo al fianco della moglie Luisa Ranieri in uno show televisivo e della serie di cui hanno comprato i diritti, relativa ai romanzi sulla Commissaria Lobosco.

Questa è la prima presentazione di Montalbano senza i suoi due papà, Andrea Ca- milleri e Alberto Sironi. Che sensazioni ha? «Non è stato faticoso: dall’oggi al domani mi sono trovato a lavorare 20 ore al giorno e a rivedere tutto come facevi^ con Alberto Sironi e mi sono sentito tutto sulle spalle, ma nel momento del bisogno era come se fossi “anfetami- nico”, infatti mi chiedevano di cosa mi facessi ! Alberto è stato un mio grande amico, l’ho amato profondamente. Mi ci sono scontrato, ci siamo mandati a quel paese, ha cucinato per me, abbiamo mangiato, bevuto, credo che io possa definirlo come un complice di questi ultimi 20 anni.

Lui ha trasformato il materiale di Andrea Camilleri in qualcosa di ottimo per la televisione, questo non era scontato perché tanti capolavori in passato non erano stati trasposti dando giustizia al valore del testo. Lui ci ha permesso di trovare sullo schermo l’anima di Montalbano, Credo che la sua qualità migliore fosse la bontà, era una persona buona. Se n’è andato anche un altro amico oltre ad Andrea e Alberto, sto parlando di Luciano (lo scenografo Luciano Ricceri ndr), lui è stato in grado di trasformare un set in un posto dell’anima, realizzando Vigata. La loro dipartita è molto dolorosa per me, spero che in tanti il 9 marzo saluteremo tre colonne di questa serie. Erano “tre figli di ‘ndrocchia”, che amavano la vita e fino all’ultimo se la sono goduta. Spero che da dove sono possano alzare un bicchiere di vino rosso. Voglio che l’addio per loro sia una sorta di festa alla messicana con musica, balli e cibo».

È stato faticoso subentrare alla regia? «Se subentri, devi capire cosa avrebbe fatto chi ti ha preceduto. Ho cercato di riproporre lo stile di Alberto, forse di mio ho voluto mettere una melanconica dolcezza e questo è un po’ lo spirito con cui ho affrontato gli ultimi episodi. Pensavamo in cuor nostro che Alberto potesse tornare prima della fine delle riprese sul set, ma purtroppo non è stato così. Voglio ringraziare tutti i miei colleghi, sia i volti storici che quelli nuovi, perché senza di loro non ce l’avrei mai fatta a portare la nave in porto. Mi piace pensare a me e Alberto come due amici che fanno un viaggio in macchina, a un certo punto uno dà il cambio all’altro e il primo si addormenta, ecco mi piace pensare che lui se ne sia andato mentre guidavo io».

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